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      «Sergente!» gridò. «Non vedete che quella puttana se ne va? Chi v'ha detto di lasciarla andare?»,
      «Io,» rispose Madeleine.
      Al suono della voce di Javert, Fantine aveva trasalito ed abbandonato il saliscendi, come il ladro sorpreso abbandona l'oggetto rubato. Al suono della voce di Madeleine si volse e, a partire dal quel momento, senza ch'ella pronunciasse una parola, che neppure osasse tirare il fiato liberamente, il suo sguardo si fissò di volta in volta da Madeleine a Javert e da Javert a Madeleine.
      Bisognava che Javert fosse «fuori dei gangheri,» come si dice, perché si fosse permesso d'apostrofare il sergente come aveva fatto, dopo l'invito del sindaco di mettere in libertà Fantine. Era dunque giunto fino a dimenticare la presenza del sindaco? O non aveva finito di dichiarare a se stesso ch'era impossibile che una «autorità» avesse dato un ordine simile e senza dubbio il sindaco aveva dovuto dire una cosa per un'altra, senza volerlo? Oppure, davanti alle enormità di cui era testimonio da due ore a quella parte, si diceva ch'era necessario ricorrere alle supreme risoluzioni, che il piccolo si facesse grande, che la spia si trasformasse in magistrato, che l'uomo della polizia divenisse l'uomo della giustizia e che in quel prodigioso eccesso l'ordine, la legge, la morale, il governo e tutta la società si impersonassero in lui, Javert?
      Comunque, quando Madeleine ebbe profferito quell'io riferito testé, fu visto l'ispettore di polizia Javert volgersi verso il sindaco, pallido, freddo, le labbra cianotiche, lo sguardo disperato e tutto il corpo agitato da un tremito impercettibile e dirgli, cosa inaudita, collo sguardo basso, ma colla voce ferma:


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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