Non appena avrò fatto la mia deposizione, tornerò qui.»
«Sta bene,» disse Madeleine.
E licenziò Javert, con un cenno della mano. Ma Javert non se ne andò.
«Perdono, signor sindaco» disse.
«Che v'è, ancora?» chiese Madeleine.
«Mi rimane ancora una cosa da ricordarvi, signor sindaco.»
«Quale?»
«Che io debbo essere destituito.»
Madeleine s'alzò.
«Javert, voi siete un uomo d'onore ed io vi stimo. Voi esagerate ai vostri occhi la vostra colpa; d'altronde, anche questa è un'offesa che mi riguarda. Voi siete degno di salire e non di discendere, ed io intendo che conserviate il vostro posto.»
Javert guardò Madeleine colla pupilla candida, in fondo alla quale pareva si scorgesse quella coscienza poco illuminata, ma rigida e casta; e disse con voce tranquilla:
«Io non posso accordarvi questo, signor sindaco.»
«Ed io vi ripeto,» ribatté Madeleine «che la faccenda riguarda me.»
Ma Javert, attento solo al proprio pensiero, continuò:
«Quanto ad esagerare, non esagero affatto; ed ecco in che modo ragiono. Vi ho sospettato ingiustamente. Questo non fa nulla: è il nostro diritto, quello di sospettare sebbene ci sia già abuso del sospettare al disopra di sé; ma senza prove, in un accesso di collera, allo scopo di vendicarmi, ho denunciato voi come forzato, voi, uomo rispettabile, sindaco, magistrato! E questo è grave, gravissimo; io, agente dell'autorità, ho offeso l'autorità nella vostra persona! Se un mio subordinato avesse fatto quello che ho fatto io, l'avrei dichiarato indegno del servizio, l'avrei scacciato.
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