Madeleine trovò in casa mastro Scaufflaire, intento a raggiustare un finimento.
«Avete un buon cavallo, mastro Scaufflaire?» egli chiese.
«Signor sindaco,» disse il fiammingo «tutti i miei cavalli sono buoni. Che cosa intendete per buon cavallo?»
«Intendo un cavallo che possa fare venti leghe in un giorno.»
«Diavolo!» fece il fiammingo. «Venti leghe!»
«Sì.»
«Attaccato ad un baroccino?»
«Sì.»
«E quanto tempo riposerebbe, dopo la corsa?»
«Bisogna che all'occorrenza possa ripartire il giorno dopo.»
«Per rifare la stessa strada?»
«Sì.»
«Diavolo, diavolo! E son proprio venti leghe?»
Madeleine trasse di tasca la carta su cui aveva scritto le cifre in matita e la mostrò al fiammingo: le cifre erano, 5, 6, 8 e mezzo.
«Vedete bene,» disse. «Il totale fa diciannove leghe e mezzo, circa venti leghe.»
«Signor sindaco,» riprese il fiammingo «ho quel che fa a caso vostro: il cavallino bianco. Dovreste averlo visto passare, qualche volta; è una bestiola dell'alta Garonna, piena di fuoco. In principio, volevano farne un cavallo da sella; ma che! Scalciava e scaraventava tutti in terra, tanto che lo credevan viziato e non sapevano che farne. L'ho comprato io e l'ho messo al baroccino: era quel che voleva, signore. È dolce come una signorina e va come il vento. Beninteso, non bisogna montargli sul dorso: non gli entra d'essere cavallo da sella. Ognuno ha la sua ambizione. Tirare sì; portare no. Bisogna credere che si sia detto questo.»
«E farà la corsa?»
«Farà le vostre venti leghe; sempre al gran trotto e in meno d'otto ore.
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Scaufflaire Scaufflaire Garonna
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