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      Non capisco, in verità, perché abbia avuto tanto paura d'entrare da quel buon curato e di raccontargli tutto come ad un confessore, chiedendogli consiglio; evidentemente, m'avrebbe detto la stessa cosa. È deciso: lasciamo andare le cose per la loro china! Lasciamo fare al buon Dio
      Così parlava, nel profondo della sua coscienza, chino su quello che si potrebbe chiamare il suo abisso. S'alzò dalla sedia e si mise a camminare per la stanza. «Suvvia!» disse. «Non pensiamoci più: ecco presa una risoluzione!» Ma non ne provò alcuna gioia; anzi!
      Non si può impedire al pensiero di tornare ad un'idea, più di quanto non si possa impedire al mare di tornare ad una sponda. Per il marinaio, questa faccenda si chiama la marea; per il colpevole, essa si chiama rimorso. Dio solleva l'anima come l'oceano.
      Di lì a poco, per quanto facesse, riprese quel triste dialogo in cui era sempre lui a parlare e ad ascoltare, per dire quel che avrebbe voluto tacere, per ascoltare quel che non avrebbe voluto sentire, cedendo a quella potenza misteriosa che gli diceva: «Pensa!» come, duemila anni or sono, diceva ad un altro condannato: «Cammina!»
      Prima di proseguire, insistiamo, per essere pienamente compresi, sopra un'osservazione necessaria.
      Si parla a se stesso: non v'è essere pensante che non l'abbia provato. Si può dire, anzi, che mai il Verbo è più magnifico mistero, di quando va, nell'interno d'un uomo, dal pensiero alla coscienza, per tornar poi dalla coscienza al pensiero: solo in questo senso bisogna intendere le parole disse, esclamò, spesso impiegate in questo capitolo.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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