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      «Chiuder la porta al suo passato?» Ma così non la chiudeva, gran Dio! la riapriva piuttosto, compiendo un atto infame! Tornava ad essere un ladro, e il più odioso dei ladri, che rubava ad un altro la sua esistenza, la sua vita, la sua pace, il suo posto al sole! Diventava un assassino! Uccideva, sì, uccideva moralmente un infelice, gli infliggeva quella spaventosa morte vivente, quella morte a cielo scoperto che si chiama la detenzione! Consegnarsi, invece, salvare quell'uomo colpito da un così atroce errore, riprendere il proprio nome, ridiventare per dovere il forzato Jean Valjean, significava davvero compiere la propria resurrezione e chiudere per sempre l'inferno dal quale era uscito! Ricadervi apparentemente, significava in realtà uscirne! Bisognava far così o, se non l'avesse fatto, non avrebbe compiuto nulla! Tutta la sua vita era inutile, tutta la penitenza vana e non gli restava che chiedersi: «A che scopo?» Sentiva che il vescovo era presente, tanto più presente in quanto era morto, che lo guardava fisso e che d'ora in poi il sindaco Madeleine, con tutte le sue virtù, gli sarebbe apparso infame, mentre il galeotto Jean Valjean sarebbe stato ammirevole e puro al suo cospetto. Sentiva che, se gli uomini vedevano la sua maschera, il vescovo vedeva il suo viso, se gli uni vedevano la sua vita, l'altro la sua coscienza. Era dunque necessario andare ad Arras, liberare il falso Jean Valjean e denunciare il vero! Ahimè! Quello era il più grande sacrificio, la più straziante vittoria, l'ultimo passo da fare; ma bisognava farlo.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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