Doloroso destino! Non avrebbe potuto entrare nella santità al cospetto di Dio, se non rientrando nell'infamia al cospetto degli uomini!
«Ebbene,» disse «prendiamo questo partito, facciamo il nostro dovere! Salviamo quell'uomo!»
Pronunciò queste parole ad alta voce, senza accorgersene.
Prese i suoi libri, li verificò e li mise in ordine. Gettò sul fuoco un fascicoletto di carte comprovanti i suoi crediti verso alcuni piccoli commercianti, in difficoltà negli affari; poi scrisse una lettera che suggellò e sulla busta della quale, se qualcuno fosse stato nella stanza in quel momento, avrebbe potuto leggere: Al signor Lafitte, banchiere a Parigi, in via d'Artois. Infine, trasse da un tiretto un portafogli che conteneva biglietti di banca ed il passaporto di cui s'era servito in quell'anno, per recarsi alle elezioni.
Chi l'avesse veduto compiere quei vari atti, con una calma così grave, non avrebbe per nulla sospettato quanto accadeva in lui. Solo, di tanto in tanto le sue labbra s'agitavano e in certi momenti alzava il capo e fissava lo sguardo sopra un punto del muro, come se proprio là vi fosse qualcosa ch'egli volesse interrogare o spiegare.
Finita la lettera al signor Lafitte, se la mise in tasca, insieme al portafogli, e ricominciò a camminare.
Fermo nel suo pensiero egli continuava a veder chiaramente il suo dovere, scritto in lettere luminose, che gli splendevano davanti agli occhi e si movevano col suo sguardo: Va'! Di' il tuo nome! Denunciati! Vedeva pure, come se gli si movessero davanti con forme sensibili, le due idee che eran state fino allora la duplice regola della sua vita: nascondere il suo nome e santificare la sua anima; e per la prima volta esse gli apparivano distinte e scorgeva la differenza che le separava.
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