Poi abbozzò alcuni calcoli nella mente: che, cioè, di solito, le sedute delle corti d'assise incominciano alle nove; che quel processo non doveva essere lungo; che il furto delle mele sarebbe stato presto sbrigato; che non vi sarebbe poi stato altro, all'infuori di una constatazione d'identità, quattro o cinque deposizioni e ben poco da dire per gli avvocati; che sarebbe arrivato quando tutto era finito!
Il postiglione frustava i cavalli. Avevan passato il fiume e lasciato alle spalle Mont-Saint-Eloy.
L'oscurità diventava sempre più profonda.
VI • SUOR SIMPLICIA MESSA ALLA PROVAIntanto, proprio in quel momento, Fantine era fuor di sé dalla gioia.
Aveva passato una pessima notte: tosse orribile, febbre alta, e poi sogni e sogni. La mattina quando il medico la visitò, delirava. Il medico s'era mostrato allarmato ed aveva raccomandato d'avvertirlo non appena fosse tornato Madeleine.
Per tutta la giornata fu triste, parlò poco e continuò a sgualcire le lenzuola, mormorando a bassa voce dei calcoli, che avevan l'aria di numerare distanze. I suoi occhi incavati e fissi sembravano quasi spenti; poi, di tanto in tanto, si riaccendevano e splendevano come stelle. Pare che all'appressarsi d'una certa ora buia la luce del cielo riempia di sé coloro che la luce della terra abbandona.
Ogni qualvolta suor Simplicia le chiedeva come stava, rispondeva invariabilmente: «Bene. Vorrei vedere il signor Madeleine.»
Pochi mesi prima, nel momento in cui Fantine aveva perduto il suo ultimo pudore, l'ultima vergogna e l'ultima gioia, era l'ombra di se stessa: ora, ne era lo spettro.
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