Il male fisico aveva completato l'opera del male morale; quella creatura di venticinque anni aveva la fronte rugosa, le gote flosce, le narici sottili, i denti scalzati, il colorito plumbeo, il collo ossuto, le clavicole sporgenti, le membra striminzite e la pelle terrea, mentre ai capelli biondi che spuntavano si mischiavano capelli grigi. Ahimè! Come fa presto la malattia ad improvvisare la vecchiaia!
A mezzogiorno, il medico tornò e diede alcuni ordini; s'informò se il sindaco fosse apparso all'infermeria e crollò il capo.
Di solito, Madeleine si recava a veder l'ammalata alle tre e, siccome l'esattezza era bontà, era esatto. Verso le due e mezzo Fantine incominciò ad agitarsi; nello spazio di venti minuti, chiese più di dieci volte alla suora: «Che ora è, sorella mia?»
Sonarono le tre. Al terzo colpo, Fantine si rizzò a sedere, ella che di solito non poteva muoversi nel letto; giunse in una specie di stretta convulsa le mani scarnite e giallastre e la suora sentì che le usciva dal petto uno di quei sospiri profondi che sembra sollevino da un accasciamento. Poi Fantine si voltò e guardò la porta.
Nessuno entrò e la porta non s'aperse. Rimase in quel modo un quarto d'ora, coll'occhio fisso sulla porta, immobile e come se trattenesse il fiato: la suora non osava parlarle. Suonarono alla chiesa le tre e un quarto; Fantine si lasciò ricadere sul cuscino.
Non disse nulla e si rimise a sgualcire le lenzuola.
Passò la mezza e poi l'ora; non venne nessuno. Ogni qual volta l'orologio suonava, Fantine si risollevava e guardava verso la porta, poi ricadeva.
| |
Madeleine Fantine Fantine Fantine Fantine Fantine
|