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«Quale altro processo?»
«Oh, è un'altra cosa lampante! È una specie di pezzente, un recidivo, un galeotto che ha rubato; non so nemmeno come si chiama. V'assicuro che ha una faccia da bandito: lo manderei in galera solo per la faccia che ha.»
«Si può, signore» chiese «entrare nella sala?»
«Non credo: c'è molta folla. Pure, l'udienza è sospesa e molte persone sono uscite; alla ripresa dell'udienza, potrete tentare.»
«Da dove s'entra?»
«Da quella porta grande.»
L'avvocato lo lasciò. In pochi istanti egli aveva provato quasi nello stesso tempo e insieme, tutte le emozioni possibili. Le parole di quell'indifferente gli avevano successivamente attraversato il cuore come aghi di ghiaccio e come lame infuocate. Quando vide che tutto non era finito, respirò; ma non avrebbe potuto dire se quanto provava era contentezza o dolore.
S'avvicinò a parecchi capannelli e ascoltò quel che vi si diceva. Siccome il ruolo della sessione era sovraccarico, il presidente aveva fissato per quello stesso giorno due processi brevi e semplici; avevano incominciato coll'infanticida ed ora si trovavano al forzato, al recidivo, al «cavallo di ritorno». Quell'uomo aveva rubato poche mele, ma non era provato; lo era invece il fatto d'esser già stato in galera a Tolone, e ciò peggiorava la sua condizione. Del resto, l'interrogatorio di quel tale era terminato, al pari di quello dei testi; ma v'erano ancora le arringhe dell'avvocato, la requisitoria del pubblico ministero, e la cosa non poteva finire prima di mezzanotte.
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Tolone
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