Era lui.
Non lo cercò, lo vide: i suoi occhi si volsero là naturalmente, come se avessero già saputo dov'era quella figura.
Credette di vedere se stesso, invecchiato, non certo somigliante molto nel viso, ma tale e quale, nell'atteggiamento, i suoi capelli irti, lo sguardo pauroso ed inquieto, il suo camiciotto, lui, il giorno in cui era entrato in Digne, pieno d'odio e celando nell'anima quel terribile patrimonio di pensieri spaventosi che aveva impiegato diciannove anni a raccogliere sul lastrico della galera. Disse fra sé, con un fremito: «Mio Dio! Dovrei dunque ridiventare così?»
Quell'essere dimostrava almeno sessant'anni ed aveva non so che di rude, d'istupidito e di sgomento.
Al rumore della porta, tutti i vicini s'eran tratti da parte per fargli posto; il presidente aveva voltato il capo e, comprendendo che il personaggio entrato era il sindaco di Montreuil a mare, l'aveva salutato. L'avvocato generale, che aveva visto Madeleine a Montreuil a mare, dov'era stato chiamato più volte dalle incombenze del suo ufficio, lo riconobbe e lo salutò pure. Egli non se ne accorse quasi e, in preda una specie di allucinazione, guardava.
Quei giudici, il cancelliere, i gendarmi, quella folla di teste crudelmente curiose, egli le aveva già viste una volta, molto tempo addietro, ventisett'anni prima. Ritrovava quelle cose funeste: eran lì, si movevano, esistevano. Non era più lo sforzo della sua memoria, un miraggio del suo pensiero; eran gendarmi, veri giudici, vera folla e uomini in carne ed ossa.
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