Non ho altro da aggiungere: prendetemi. Mio Dio! Il signor avvocato generale scuote il capo e voi dite: 'Il signor Madeleine è diventato pazzo!' Non mi credete! E questo m'affligge; almeno, non condannate quest'uomo! Come, costoro non mi riconoscono? Vorrei Javert fosse qui; mi riconoscerebbe, lui!»
Nulla potrebbe rendere la benevola e profonda malinconia che v'era nell'accento col quale accompagnò quelle parole. Egli si volse verso i tre forzati:
«Ebbene, io vi riconosco, invece. Vi ricordate, Brevet?…»
S'interruppe, esitò un momento e disse:
«Ti ricordi quelle bretelle di maglia a scacchiera che avevi in carcere?»
Brevet ebbe come una scossa di sorpresa e lo guardò da capo a piedi con aria sbigottita. Egli continuò:
«Tu, Chenildieu, che t'eri dato da te stesso il soprannome di Nego Dio, hai tutta la spalla profondamente bruciacchiata per averla posta un giorno sopra uno scaldino pieno di brace, per cancellare le tre lettere T. F. P., che pure vi si leggon sempre.»
«È vero,» disse Chenildieu.
Egli si volse a Cochepaille:
«E tu, Cochepaille, vicino all'articolazione del gomito, dalla parte interna, hai una data impressa in lettere azzurre, prodotta colla polvere bruciata; è la data dello sbarco dell'imperatore a Cannes, 1° marzo 1815. Rimbocca la manica.»
Cochepaille rimboccò la manica e tutti gli sguardi s'appuntarono sul suo braccio nudo; un gendarme avvicinò una lampada. La data v'era.
Il disgraziato si volse verso il pubblico e verso i giudici, con un sorriso che strazia ancor oggi coloro che lo videro.
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