Il signor avvocato generale sa chi sono e dove vado, e mi farà arrestare quando vorrà.»
E si diresse verso l'uscita. Non s'alzò una voce, non si stese un braccio per trattenerlo; tutti fecero largo. In quel momento, egli aveva un non so che di divino che fa indietreggiare e trarre da parte le moltitudini davanti ad un uomo. Attraversò la folla a passi lenti, né mai si seppe chi avesse aperto la porta, ma certo era aperta, quand'egli vi giunse. Sulla soglia, si voltò e disse:
«Signor avvocato generale, sono a vostra disposizione.»
Poi al pubblico:
«Voi tutti che siete qui, mi trovate degno di compassione, nevvero? Mio Dio! Quando penso a quello che sono stato in procinto di fare, mi sento degno d'invidia. Pure, avrei preferito che tutto ciò non fosse successo.»
Uscì, e la porta si chiuse, com'era stata aperta; coloro che compiono così sovrumane azioni sono sempre sicuri d'essere serviti da qualcuno, nella folla.
Meno di un'ora dopo, il verdetto dei giurati proscioglieva da ogni accusa il nominato Champmathieu; messo in libertà immediatamente, si allontanava stupefatto, credendo che tutti fossero impazziti senza comprender nulla di quello che aveva visto.
LIBRO OTTAVOCONTRACCOLPO
I • IN QUALE SPECCHIO MADELEINE SI GUARDA I CAPELLIL'alba spuntava. Fantine dopo una notte di febbre e d'insonnia, piena d'immagini liete, al mattino s'addormentò. Suor Simplicia, che l'aveva vegliata, approfittò di quel sonno per andare a preparare una nuova pozione di china pura. La degna suora si trovava da pochi minuti nel laboratorio dell'infermeria, china su droghe e fialette, che guardava molto da vicino, per quella nebbia che il crepuscolo diffonde su ogni oggetto: d'improvviso volse il capo e gettò un lieve grido.
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Dio Champmathieu Simplicia
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