La precauzione era utile; ricordiamo che la finestra poteva essere scorta dalla via.
Gettò una rapida occhiata intorno a sé, sulla tavola, sulla sedia, sul letto, che non era stato sfatto da tre giorni. Non rimaneva alcuna traccia del disordine della penultima notte, poiché la portinaia aveva «rifatto la stanza»; solo, ella aveva raccolto dalla cenere e posato in bell'ordine sul tavolo le due estremità del bastone ferrato e la moneta da quaranta soldi, annerita dal fuoco.
Egli prese un foglio di carta sul quale scrisse: Ecco i due capi del mio bastone ferrato e la moneta da quaranta soldi, rubata a Gervasino, e della quale ho fatto cenno alla corte d'assisi, e pose sul foglio la moneta d'argento ed i due pezzi di ferro, in modo che fossero la prima cosa che si potesse scorgere, entrando nella stanza; poi, levata da un armadio una sua vecchia camicia, la stracciò in diversi pezzi, nei quali imballò i due candelieri d'argento. Non v'era, del resto, in lui né fretta né agitazione. Mentre ravvolgeva i candelieri del vescovo, sbocconcellava un pezzo di pan nero, probabilmente il pane della prigione, ch'egli aveva portato via, quand'era evaso; cosa, questa, che venne constatata in base alla scoperta di briciole di pane sul pavimento della stanza quando, più tardi, la giustizia vi fece una perquisizione.
Vennero battuti due colpetti alla porta.
«Entrate,» egli disse.
Era suor Simplicia, pallida, cogli occhi rossi e il candeliere che le tremava in mano. Le violenze del destino han questo di particolare: che, per quanto si possa essere adorni di perfezioni o indifferenti, esse ci strappano dal fondo delle viscere la natura umana e la costringono a riapparire all'esterno.
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Gervasino Simplicia
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