Perché? Perché il terreno era bagnato e bisognava aspettare che si rassodasse un poco, affinché l'artiglieria potesse manovrare.
Napoleone era ufficiale d'artiglieria e ne risentiva. Il fondo di quel prodigioso capitano era l'uomo che, nel rapporto su Abukir al Direttorio, diceva: Il tal nostro proiettile ha ucciso sei uomini. Tutti i suoi piani di battaglia son fatti per il proiettile: far convergere l'artiglieria sopra un dato punto era per lui la chiave della vittoria. Trattava la strategia del generale nemico come una cittadella e la batteva in breccia; tempestava di mitraglia il punto debole; scatenava e risolveva le battaglie col cannone. La balistica era nel suo genio: sfondare i quadrati, polverizzare i reggimenti, rompere le linee, stritolare e disperdere le masse per lui consisteva nel colpire, colpire, colpire senza tregua; ed affidava questo compito alla cannonata. Metodo temibile che, unito al genio, rese invincibile per 15 anni quel cupo atleta del pugilato guerresco.
Il 18 giugno 1815, egli faceva tanto maggior conto sull'artiglieria, in quanto aveva dalla sua parte il numero: Wellington aveva solo centocinquantanove bocche da fuoco, Napoleone duecentoquaranta.
Supponete che il terreno fosse stato secco e che l'artiglieria avesse potuto manovrare: l'azione sarebbe incominciata alle sei del mattino e la battaglia sarebbe stata vinta e terminata alle due pomeridiane, tre ore prima dell'intervento prussiano.
Quale parte d'errore spetta a Napoleone nella perdita di quella battaglia?
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