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      Quei giovani soldati, di fronte ai nostri temibili fantaccini, furono valorosi; seppero trarsi intrepidamente d'impaccio, malgrado l'inesperienza, e resero soprattutto un ottimo servizio come bersaglieri. Il soldato, quand'è impiegato come bersagliere ed è quindi un poco abbandonato a sé, diventa, per così dire, il proprio generale; quelle reclute mostrarono l'iniziativa e la furia francese; quella fanteria novizia ebbe slancio, cosa che piacque a Wellington.
      Dopo la presa della Haie-Sainte, la battaglia fu incerta.
      V'è in quella giornata campale, dal mezzodì alle quattro, un intervallo oscuro; il periodo intermedio è quasi indistinto con una oscura mischia: è come immerso nel crepuscolo. Si scorgono in quella nebbia grandi fluttuazioni, un vertiginoso miraggio, l'apparato della guerra d'allora, pressoché ignorato oggidì: i colbacchi impennacchiati, le fonde ondeggianti, le bandoliere incrociate, le giberne colla granata, i dolman degli ussari, i rossi stivali dalle mille pieghe, i pesanti schako inghirlandati di passamani, la fanteria quasi nera di Brunswick mista a quella scarlatta d'Inghilterra, i soldati inglesi, con grossi cuscinetti bianchi di forma circolare, al posto delle spalline, i cavalleggeri annoveresi, col loro elmo di cuoio a liste di ottone e la criniera rossa, gli scozzesi, ginocchia nude e sottanelle quadrettate, le grandi ghette bianche dei nostri granatieri; quadri e non linee strategiche, quel che ci vuole per Salvator Rosa e non per Gribeauval.
      Una parte di tempesta si accompagna sempre ad una battaglia.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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