Intorno a quel poggio le palle da cannone rimbalzavano sulla massicciata della strada fino a Napoleone, che, come a Brienne, aveva sul capo il sibilo delle palle e delle schegge di mitraglia; vennero raccolti, quasi nel punto in cui stavano i piedi del suo cavallo, alcuni proiettili, corrosi, vecchie lame di sciabola e palle informi, rose dalla ruggine. Scabra rubingine. Qualche anno fa vi si disseppellì una palla cava da sessanta libbre, ancor carica, la miccia rotta alla base; là l'imperatore diceva alla guida Lacoste, un contadino ostile e sgomento, che s'aggrappava alla sella d'un ussaro e, ad ogni carica di mitraglia, si voltava cercando di nascondersi dietro di lui: Stupido! Ti farai ammazzare nella schiena; vergogna! Colui che scrive queste righe trovò, scavando nella sabbia, entro la scarpata di quel poggio, i resti dell'imboccatura d'una bomba, disgregati dall'ossido di quarantasei anni, e alcuni vecchi tronconi di ferro che gli si spezzavan fra le dita, come bastoni di sambuco.
Le ondulazioni delle pianure variamente inclinate, dov'ebbe luogo lo scontro fra Napoleone e Wellington, non sono più, nessuno l'ignora, quel che erano il 18 giugno 1815. Sottraendo da quel campo di morte quanto serve per fargli un monumento, gli hanno tolto il suo vero rilievo, e la storia, sconcertata, non vi si raccapezza più; per glorificarlo, l'hanno sfigurato. Lo stesso Wellington, due anni dopo, rivedendo Waterloo, esclamò: M'hanno cambiato il campo di battaglia! Là dove trovasi oggidì la grande piramide di terra sormontata dal leone, v'era una cresta che, verso la strada di Nivelles, si raddolciva in una rampa praticabile, ma che, dalla parte di Genappe, era quasi una scarpata.
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