Ma viene lasciato indietro; i soldati lo fuggono, gridando: Viva il maresciallo Ney! Due reggimenti di Durutte vanno e vengono, sgomenti e come sballottati fra le sciabole degli ulani ed i fucili delle brigate di Kempt, di Best, di Pack e di Rylandt. La peggior mischia è la disfatta poiché gli amici s'uccidono fra loro, per sfuggire, e gli squadroni e i battaglioni si frangono e disperdono gli uni contro gli altri, enorme schiuma della battaglia. Lobau ad una estremità e Reille all'altra sono travolti dall'ondata: invano Napoleone erge una muraglia con quello che gli rimane della guardia; invano impiega in un ultimo sforzo i suoi squadroni di scorta. Quoit indietreggia davanti a Vivian, Kellermann davanti a Vendeleur, Lobau davanti a Bülow, Morand di fronte a Pirch, Domon e Subervic di fronte al principe Guglielmo di Prussia; Guyot, che ha condotto alla carica gli squadroni dell'imperatore, cade sotto i piedi dei dragoni inglesi. Napoleone corre al galoppo sulle orme dei fuggiaschi, li arringa, li sollecita, li minaccia e li supplica; ma tutte quelle bocche che al mattino gridavano: Viva l'imperatore! rimangono spalancate: è molto se lo riconoscono. La cavalleria prussiana, sopraggiunta in quel mentre, si slancia, vola, sciabola, taglia, fa a pezzi, uccide, stermina. I carriaggi si danno alla fuga in corsa, i cannoni scappano; i soldati dell'artiglieria staccano i cassoni e ne prendono i cavalli per fuggire: le carrette ribaltate colle quattro ruote in aria ingombrano la strada e sono cagione di massacro.
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