Ahimè, chi fuggiva in quel modo? La grande armata!
Quella vertigine, quel terrore, quel rovinìo del maggior coraggio che abbia mai fatto stupire la storia, sarebbero dunque senza causa? No: l'ombra d'una enorme mano destra si proietta su Waterloo. È la giornata del destino, prodotta da una forza che sta al disopra dell'uomo; per questo le teste si curvano sgomente, per questo le anime grandi cedono la spada; coloro che avevan vinto l'Europa caddero atterrati senza aver più nulla da dire e da fare, perché sentirono nell'ombra una presenza terribile. Hoc erat in fatis. Quel giorno, si mutò la prospettiva del genere umano: Waterloo è il cardine del secolo decimonono. La scomparsa del grand'uomo era necessaria all'avvento del gran secolo e qualcuno al quale non si può ribattere se ne incaricò. Il panico degli eroi si spiega: nella battaglia di Waterloo, più che una nube, è stata una meteora, è passato Dio.
Sul cader della notte, in un campo vicino a Genappe, Bernard e Bertrand agguantarono per un lembo della giubba e fermarono un uomo torvo, pensoso e sinistro il quale, trascinato fin lì dalla corrente della disfatta, era sceso di sella e, dopo aver passato sotto il braccio la briglia del cavallo, se ne tornava collo sguardo smarrito, solo, verso Waterloo. Era Napoleone che tentava ancora d'andare avanti, immenso sonnambulo di quel sogno crollato.
XIV • L'ULTIMO QUADRATOAlcuni quadrati della guardia, immobili nell'impetuosa corrente della disfatta, come le rocce nell'acqua che scorre, resistettero fino a notte.
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