In questo evento, che porta il suggello della sovrumana necessità, la parte degli uomini è nulla. Forse che ritirare Waterloo a Wellington e a Blücher significa toglier alcunché all'Inghilterra e alla Germania? No. Né codesta illustre Inghilterra, né codesta augusta Germania sono in causa, nel problema di Waterloo: grazie al cielo, i popoli sono grandi all'infuori delle tristi avventure della spada. Né la Germania, né l'Inghilterra, né la Francia stanno in un fodero; in quell'epoca in cui Waterloo è solo un cozzare di spade, sopra Blücher la Germania aveva Goethe e, sopra Wellington, l'Inghilterra aveva Byron. Il nostro secolo è caratterizzato da un vasto sorgere d'idee, e in codesta aurora l'Inghilterra e la Germania hanno il loro magnifico fulgore. Sono maestose per quello che pensano. L'aumento di livello ch'esse apportano alla civiltà è loro intrinseco; proviene da esse e non da un incidente. Ciò che le farà lievitare nel secolo decimonono non ha affatto la sua sorgente in Waterloo: solo i popoli barbari hanno crescite subitanee dopo la vittoria, simili alla passeggera vanità dei torrenti gonfiati da un uragano. I popoli civili, soprattutto ai tempi nostri, non s'elevano né s'abbassano per la buona o la cattiva fortuna d'un condottiero e il loro peso specifico nel genere umano dipende da qualcosa di meglio d'un combattimento; grazie a Dio, l'onore, la dignità, il fulgore, il genio non sono numeri che quei giuocatori che sono gli eroi e i conquistatori possan mettere alla lotteria delle battaglie.
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