Thénardier era sornione, goloso, perdigiorno ed abile, e non sdegnava le donne di servizio, ciò aveva fatto sì che sua moglie non ne potesse più. Poiché quella gigantessa era gelosa e le pareva che quell'ometto magro e giallastro dovesse essere l'oggetto della cupidigia universale.
Thénardier, uomo soprattutto astuto ed equilibrato, era un furfante del genere temperato, la peggior specie, poiché vi si unisce l'ipocrisia. Non già che Thénardier, all'occasione, non fosse capace di collera almeno quanto sua moglie; ma era una cosa rarissima e in quei momenti, siccome l'aveva con tutto il genere umano, aveva dentro di sé una profonda fornace d'odio, era di coloro che si vendicano continuamente, che accusano tutto ciò che passa loro innanzi, di tutto ciò che è loro caduto sopra, e sono sempre pronti a gettare sul primo venuto, a titolo di legittima rivalsa, la somma degli inganni e delle bancarotte e delle calamità della loro vita. Quando tutto quel lievito si sollevava in lui e gli ribolliva nella bocca e negli occhi, era spaventoso. Disgraziato colui che in quel momento passava sotto il suo furore!
Oltre tutte le sue altre qualità, Thénardier era attento e penetrante, silenzioso o loquace secondo l'occasione e sempre con molto discernimento; aveva qualcosa dello sguardo dei marinai, avvezzi a strizzar l'occhio quando guardano col cannocchiale. Thénardier era un uomo di stato.
Chi capitava per la prima volta nella bettola diceva, vedendo la Thénardier: «Ecco il padrone di casa.» Era un errore; ella non era neppure la padrona.
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