Però, a mano a mano che proseguiva, rallentava il passo, quasi macchinalmente; quand'ebbe sorpassato l'angolo dell'ultima casa, Cosette si fermò. Andare al di là dell'ultima casa diventava impossibile. Depose a terra il secchio, si cacciò una mano nei capelli e si mise a grattarsi lentamente la testa, col gesto consueto dei bimbi atterriti e indecisi. Non era più Montfermeil, erano i campi; lo spazio buio e deserto le stava dinnanzi ed ella guardò con disperazione quell'oscurità in cui non v'era più nessuno, ma dove stavan le bestie e, forse, i fantasmi. Osservò bene e sentì le bestie camminare fra le erbe e vide distintamente i fantasmi che si agitavano fra gli alberi; allora riafferrò il secchio e la paura le infuse audacia: «Via!» disse «le dirò che non v'era più acqua!» E rientrò risoluta in Montfermeil.
Non aveva fatto cento passi, che si fermò di nuovo e si rimise a grattarsi in capo: stavolta era la Thénardier che le appariva dinnanzi, la spaventosa Thénardier, colla bocca da iena e gli occhi fiammeggianti di collera. E la bimba gettò un sguardo lamentevole davanti e indietro. Che fare? Che cosa decidere? Dove andare? Davanti a lei, lo spettro della Thénardier; dietro di lei, tutti i fantasmi dell'oscurità e dei boschi. Ella indietreggiò di fronte allo spettro della Thénardier: riprese la via della sorgente e si mise a correre. Uscì dal villaggio di corsa ed entrò di corsa nel bosco, senza guardar più nulla, senza più ascoltare. Arrestò la sua corsa solo quando le mancò il respiro, ma non interruppe la marcia: andava sempre avanti, smarrita e, mentre correva, sentiva voglia di piangere.
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