Senza rendersi conto di quel che provava, Cosette si sentiva ghermire da quella nera enormità della natura: non era più terrore soltanto, quello che l'invadeva, ma qualche cosa d'ancor più terribile. Ella tremava; ma ci mancano le espressioni per dire che cosa avesse di strano quel tremito che la gelava fino in fondo al cuore. Il suo sguardo era diventato selvaggio; ella credeva di sentire che, forse, non avrebbe potuto esimersi dal tornare là il giorno dopo, alla stessa ora.
Allora, per una specie d'istinto e per uscire da quello stato singolare che non capiva, ma la sgomentava, si mise a contare ad alta voce uno, due, tre, quattro fino a dieci e, quando ebbe finito, ricominciò. Questo le rese la percezione vera delle cose che la circondavano; sentì il freddo delle mani che ave va immerse nell'acqua e s'alzò. Le era tornata la paura, una paura naturale e insormontabile, ed ebbe un solo pensiero: fuggire, fuggire a gambe levate, attraverso il bosco, e i campi, fino alle case, alle finestre, alle candele accese. Ma lo sguardo le cadde sul secchio che le stava davanti, e tanto era lo sgomento che le incuteva la Thénardier, che non osò fuggire senza il secchio d'acqua: afferrò il manico a due mani e lo sollevò con gran stento.
Fece così una dozzina di passi; ma il secchio era pieno e pesava, tanto che fu costretta a riporlo in terra. Fiatò un momento, poi riafferrò il manico e si rimise a camminare, stavolta un po' più a lungo; ma dovette fermarsi ancora. Dopo alcuni secondi di riposo, si rimise in via.
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Cosette Thénardier
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