»
Poi, tirandole una dopo l'altra fra le ginocchia e lisciando loro i capelli, riallacciando i nastri e allontanandole da sé con quella dolce scrollatina che è particolare alle madri, esclamò:
«Come sono infagottate!»
Esse andarono a sedersi accanto al fuoco. Avevano una bambola che voltavano e rivoltavano sulle ginocchia con ogni sorta di graziosi pispigli; e di tanto in tanto Cosette, alzando gli occhi dal suo lavoro di maglia, le guardava giocare con aria triste.
Eponina ed Azelma non guardavano Cosette; per esse, era come il cane. Quelle tre bimbe non avevano ventiquattr'anni fra tutte e tre e rappresentavan già l'intera società umana: da un lato l'invidia, dall'altra lo sprezzo.
La bambola delle sorelle Thénardier era molto scolorita, assai vecchia e rotta; ma non per questo sembrava meno meravigliosa a Cosette, che in vita sua non aveva avuto una bambola, una vera bambola, per servirci d'una espressione che tutti i fanciulli capiranno.
Ad un tratto la Thénardier, che continuava ad andare e venire nella sala, s'accorse che Cosette si distraeva e che, invece di lavorare, si stava occupando delle bimbe che giocavano.
«Ah! ti ho colto!» gridò. «È così che tu lavori? Ti farò lavorare a staffilate, io!»
Il forestiero, senza lasciar la sedia, si volse verso la Thénardier.
«Via, signora,» disse sorridendo, con aria quasi timorosa «lasciatela giocare!»
Da parte di qualunque viaggiatore che avesse mangiato una fetta di cosciotto di montone e bevuto due bottiglie di vino e non avesse avuto l'aspetto d'uno spaventoso pitocco, un simile desiderio sarebbe stato un ordine; ma che un uomo con un simile cappello si permettesse d'avere un desiderio e con una simile finanziera si permettesse d'avere una volontà era cosa che la Thénardier non credette di poter tollerare.
| |
Cosette Azelma Cosette Thénardier Cosette Thénardier Cosette Thénardier Thénardier
|