Perciò ribattè aspramente:
«Bisogna bene che lavori, dal momento che mangia. Non la mantengo già perché non faccia nulla.»
«E che cosa sta facendo, dunque?» riprese il forestiero con quella voce dolce che contrastava così stranamente coi suoi panni da mendicante e le sue spalle da facchino.
La Thénardier si degnò di rispondere:
«La calza, se non vi spiace. Sta facendo le calze per le mie bambine che non ne hanno, a momenti, e andranno fra poco a piedi nudi, se continua così.»
L'uomo guardò i poveri piedi rossi di Cosette e continuò:
«E quanto ci vorrà a finire quel paio di calze?»
«Ne ha almeno per tre o quattro giorni buoni, quella poltrona.»
«E quanto potrà valere quel paio di calze, quando sarà finito?»
La Thénardier gli gettò un'occhiata sprezzante.
«Almeno trenta soldi.»
«Lo cedereste per cinque franchi?»
«Perdio!» esclamò con una grassa risata un carrettiere che stava ascoltando. «Cinque franchi! Lo credo bene, accidenti! Cinque palle!»
«Sì, signore; se vi garba, quel paio di calze vi sarà ceduto per cinque franchi. Non sappiamo ricusar nulla ai viaggiatori,» disse il Thénardier, che credette suo dovere prender la parola.
«Bisognerebbe pagare subito,» soggiunse la Thénardier col suo modo di fare, breve e perentorio.
«Compero quel paio di calze,» rispose l'uomo «e lo pago», aggiunse, levando di tasca una moneta da cinque franchi, che posò sul tavolo.
Poi si volse verso Cosette:
«Ora il tuo lavoro m'appartiene. Gioca, bimba mia.»
Il carrettiere fu tanto commosso dal pezzo da cinque franchi, che abbandonò il bicchiere e accorse.
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