Quella risata era la suprema attestazione della certezza e dell'autorità: quel ch'era stato detto in quel modo doveva essere. La moglie, quindi, non insisté affatto e si mise a disporre in ordine le tavole, mentre il marito camminava in lungo e in largo per la sala. Un momento dopo, egli aggiunse in tono sardonico:
«Sono pure in debito di millecinquecento franchi, io!»
Andò a sedersi in un angolo del camino, meditando, coi piedi sulla cenere calda.
«A proposito!» riprese la moglie. «Ti dimentichi, forse, che oggi metto Cosette alla porta? Quel mostro! Mi mangia il cuore, colla sua bambola! Preferirei sposare Luigi XVIII, piuttosto di tenerla in casa ancora un giorno!»
Thénardier accese la pipa e rispose fra due buffi di fumo:
«Consegnerai il conto a quell'uomo.»
Poi uscì.
Era appena fuori della sala, quando entrò il viaggiatore. Thénardier riapparve di botto dietro di lui e rimase immobile nel vano della porta socchiusa, in modo d'esser visibile solo per la moglie.
L'uomo giallo teneva in mano il bastone e il pacchetto.
«Alzato così presto?» disse la Thénardier. «Forse che il signore vuol lasciarci?»
E, mentre parlava così, andava rigirando con aria imbarazzata il conto fra le mani, facendovi delle pieghe colle unghie; il suo viso arcigno mostrava una sfumatura che non le era consueta, quella cioè della timidità e dello scrupolo.
Presentare un conto simile ad un uomo che aveva così perfettamente l'aspetto d'un «povero» le sembrava cosa malagevole. Il viaggiatore, che pareva distratto e preoccupato, rispose:
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Cosette Luigi XVIII Thénardier
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