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«Di chi? Di Cosette?»
«Sì.»
La faccia rossa e violenta della bettoliera s'illuminò d'una sconcia giocondità.
«Oh, signore, mio buon signore! Prendetela, tenetela, conducetela con voi, portatela via, inzuccheratela, conditela coi tartufi, bevetela, mangiatela e siate benedetto dalla santa Vergine e da tutti i santi del paradiso!»
«Sta bene.»
«La conducete via, proprio?»
«La conduco via.»
«Subito?»
«Subito. Chiamate la bambina.»
«Cosette!» gridò la Thénardier.
«Intanto,» proseguì l'uomo «debbo ancora pagarvi il conto. Quanto fa?»
Gettò un'occhiata sul conto e non poté reprimere un gesto di sorpresa.
«Ventitré franchi!»
Poi guardò la taverniera e ripeté:
«Ventitré franchi?»
V'era nella pronuncia di quelle due parole così ripetute la differenza che separa il punto esclamativo dal punto interrogativo. Ma la Thénardier aveva avuto il tempo di prepararsi all'urto e rispose con sicurezza:
«Diamine, signore! Ventitré franchi, sì.»
Il forestiero depose cinque monete da cinque franchi sul tavolo.
«Andate a prendere la piccina,» disse.
In quel mentre Thénardier s'avanzò in mezzo alla sala e disse: «Il signore deve ventisei soldi.»
«Ventisei soldi?» esclamò la moglie.
«Venti soldi per la stanza,» riprese il Thénardier, freddamente «e sei soldi per la cena. Quanto alla piccina, ho bisogno di discorrere un po' col signore. Lasciaci soli, moglie mia.»
La Thénardier si sentì colpire come dal bagliore di un imprevisto lampo di genio; si accorse che il grande attore entrava in scena, non ribatté parola ed uscì.
Non appena furono soli, Thénardier offerse una sedia al viaggiatore.
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