Questi si sedette, mentre Thénardier rimaneva in piedi; e il suo viso prese una singolare espressione di bonomìa e di semplicità.
«Vi dirò, signore,» disse. «Il fatto è ch'io l'adoro, quella bambina.»
Il forestiero lo guardò fisso.
«Quale bambina?»
Thénardier continuò:
«Che stupidaggine! Ci si affeziona... Che cos'è tutto questo denaro? Riprendete le vostre monete da cento soldi. È una bimba che adoro.»
«E chi, dunque?» chiese il forestiero.
«La nostra piccola Cosette, to'! Non volete forse condurla via? Ebbene, io parlo francamente; come è vero che voi siete un onest'uomo, non posso acconsentirvi. Sentirei la mancanza di quella bimba: l'ho vista così piccolina! È vero che ci costa denaro, è vero che ha i suoi difetti, è vero che noi non siamo ricchi ed è vero che ho pagato più di quattrocento franchi di sole medicine, per una malattia; ma bisogna pur fare qualche cosa per il buon Dio! Non ha né padre né madre, ed io l'ho allevata. Ho pane per lei e per me. Insomma, ci tengo a quella piccina; capirete che ci si affeziona. Io sono un buon diavolaccio e non ragiono tanto per il sottile; ma amo quella piccina, e mia moglie, sebbene sia vivace, l'ama pure. Vedete? È come se fosse nostra figlia: ho bisogno di sentirla cinguettare in casa.»
Il forestiero lo guardava sempre fisso e continuò:
«Perdonatemi, signore. Scusatemi: non si dà assolutamente la propria figlia ad un passante in questo modo. Non ho ragione? Premesso questo, non dico: voi siete ricco e avete l'aria d'una degnissima persona, e se si trattasse della fortuna di lei.
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Thénardier Cosette Dio
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