Lą, vicino a un'officina, fra due muri di giardino, si vedeva a quei tempi una catapecchia che, di primo acchito, sembrava piccola come una capanna, mentre in realtą era grande come una cattedrale. La sua apparente esiguitą proveniva dal fatto ch'essa si presentava di fianco, col suo doppio spiovente, per cui quasi tutta la casa era nascosta e non se ne scorgeva altro, all'infuori d'una porta e d'una finestra.
Quella topaia aveva un solo piano. Esaminandola, il primo particolare che saltava all'occhio era che la porta non aveva mai potuto esser se non quella d'un tugurio, laddove la finestra, qualora fosse stata formata da pietre da taglio anziché da pietrame minuto, avrebbe potuto essere quella d'un palazzo.
Il battente della porta, unico, si riduceva ad un insieme di tavole imputridite, connesse da traverse che parevano cepperelli mal squadrati, e s'apriva direttamente sopra una ripida scala dagli scalini alti e sdrucciolevoli, fangosa, gessosa e polverosa, della stessa larghezza della porta; dalla strada, si poteva veder salire quella scala, come fosse a piuoli, e sparire nell'ombra, fra due muri. La parte superiore del vano della porta, non chiusa dal battente, era stata mascherata con una sottile assicella, in mezzo alla quale avevan praticato colla sega un'apertura triangolare, che serviva ad un tempo da finestrella e da spia, quando la porta era chiusa. All'interno della porta, un pennello intinto nell'inchiostro aveva tracciato con due soli colpi la cifra 52, mentre sopra 1'assicella, all'esterno, lo stesso pennello aveva scombicchierato il numero 50; di modo che si esitava.
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