Messer Corvo, su un incarto appollaiato,
Avea nel becco un atto di sequestro;
Il Volpone, da quell'odor tentato,
Gli tenne un discorsetto da maestro;
— Oh, buongiorno!... eccetera.
I due onesti professionisti, seccati dai frizzi e menomati nella loro gravità dagli scoppi di risa che li inseguivano, risolvettero di sbarazzarsi dei loro nomi e decisero di rivolgersi al re. La supplica venne presentata a Luigi XV lo stesso giorno in cui il nunzio del papa, da una parte, e il cardinale di La Roche-Aymon, dall'altra, devotamente inginocchiati entrambi, calzavano alla presenza di sua maestà, con una pantofola ciascuno, i due piedi nudi della signora Du Barry che scendeva dal letto. Il re, che stava ridendo, continuò a ridere, passò giocondamente dai due vescovi ai due procuratori e fece a quei due babbei grazia dei loro nomi, o quasi; a messer Corbeau fu permesso da parte del re d'aggiungere una coda alla sua iniziale e di chiamarsi Gorbeau, mentre messer Renard fu meno fortunato, poiché ottenne soltanto di mettere un P davanti al suo R e di chiamarsi Prenard, cosicché il secondo nome non era per nulla meno somigliante del primo.
Ora, secondo la tradizione locale, quel messer Gorbeau era stato proprietario del fabbricato del numero 50-52, sul viale dell'Ospedale; anzi, era lui, l'autore della finestra monumentale. Da ciò era venuto a quella catapecchia il nome di casa Gorbeau.
Dirimpetto al numero 50-52 s'erge, fra le piante del viale, un grande olmo per tre quarti morto; quasi in faccia s'apre la via della barriera dei Gobelins, allora senza case, non selciata, alberata in qualche modo, verde o fangosa secondo la stagione, che andava a far capo direttamente al muro di cinta di Parigi.
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