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      Ci sia dunque permesso di parlare del passato al presente; e, detto questo, preghiamo il lettore di prenderne nota, mentre proseguiamo.
      Jean Valjean aveva subito abbandonato il gran viale e s'era cacciato nelle vie, facendo quante più linee spezzate poteva e tornando talvolta bruscamente sui suoi passi, per assicurarsi che non era seguito; manovra, questa, propria del cervo inseguito. Sui terreni dove la traccia può rimanere impressa, questa manovra ha, fra gli altri vantaggi, quello d'ingannare i cacciatori e i cani col farli andare dalla parte opposta: è quel che in termine di caccia si chiama falso rimboscamento.
      Era una notte di plenilunio e Jean Valjean non ne fu malcontento. La luna, ancor vicinissima all'orizzonte, stagliava nelle vie grandi strisce di ombra e di luce; ed egli poteva quindi camminar quatto lungo le case dal lato buio ed osservare il lato rischiarato. Forse, egli non rifletteva abbastanza che il lato buio gli sfuggiva: pure, in tutte le viuzze deserte che confinano colla via di Poliveau, credette d'essere sicuro che nessuno lo seguisse.
      Cosette camminava senza far domande. Le sofferenze dei sei primi anni della sua vita avevan introdotto alcunché di passivo nella sua natura. Del resto (e questa è un'osservazione sulla quale avremo più d'una volta occasione di ritornare), ella era avvezza, senza darsene ben conto, alle singolarità del buon vecchio e alle bizzarrie del destino; eppoi, essendo con lui, si sentiva sicura.
      Jean Valjean non sapeva più di Cosette dove fosse diretto e si affidava a Dio, come Cosette s'affidava a lui; gli sembrava di tener egli pure qualcuno più grande di lui per mano e credeva di sentire un essere che lo conduceva, invisibile.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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