Nel momento in cui il primo si voltò, la luna rischiarò in pieno il suo viso e Jean Valjean riconobbe perfettamente Javert.
II • È UNA FORTUNA CHE SUL PONTE D'AUSTERLITZ PASSINO I VEICOLI.
L'incertezza cessava, per Valjean. Fortunatamente, essa durava ancora per quegli uomini ed egli approfittò della loro esitazione; il tempo da essi perduto era guadagnato per lui. Uscì di sotto alla porta dove s'era rannicchiato e si spinse nella via delle Poste, verso la regione del Giardino Zoologico. Poiché Cosette incominciava a stancarsi, la prese fra le braccia e la portò; non v'era nessun passante e i fanali non erano stati accesi per via della luna.
Affrettò il passo e in pochi istanti raggiunse la fabbrica dei vasi Goblet, sulla facciata della quale la luce lunare rendeva visibilissima la vecchia iscrizione:
Di Goblet figlio la fabbrica è questa;
Venite a scegliere brocche e boccali,
Vasi da fiori, tubi e mattoni.
A tutti quanti il Cuore vende i Quadri.
Si lasciò alle spalle via della Chiave, poi la fontana San Vittore, costeggiò il Giardino Zoologico lungo le vie inferiori e giunse al lungo Senna. Là si volse: il lungo Senna era deserto, deserte erano le vie e non v'era nessuno dietro di lui. Respirò.
Raggiunse il ponte di Austerlitz sul quale, a quell'epoca, esisteva ancora il pedaggio e, presentatosi allo sportello dell'incaricato della riscossione, diede un soldo.
«Sono due soldi,» disse l'invalido del ponte. «Portate una bambina che può camminare e dovete pagare per due.»
Egli pagò, spiacente che il suo passaggio avesse dato luogo ad una osservazione; poiché ogni fuga dev'essere come un guizzo.
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