La descrizione del luogo che stiamo facendo č d'una rigorosa esattezza e risveglierā certo un ricordo preciso alla memoria dei vecchi abitanti del quartiere.
Il muro, nel tratto dell'angolo rientrante, era interamente occupato da qualche cosa che assomigliava ad una porta colossale e squallida: era un grande complesso informe di tavole perpendicolari, le alte pių larghe delle basse, collegate da lunghe liste di ferro trasversali. A fianco di essa v'era un portone di dimensioni usuali, che non doveva esser stato aperto in quel muro da pių di cinquant'anni. Al disopra del muro che formava l'angolo rientrante, un tiglio mostrava i suoi rami e il muro, dalla parte di via Polonceau, era ricoperto d'edera.
Nell'imminente pericolo in cui si trovava Valjean, quel tetro edificio aveva qualche cosa di disabitato e solitario, che lo tentava. Egli lo percorse rapidamente collo sguardo, mentre s'andava dicendo che, se fosse riuscito a penetrarvi, sarebbe stato salvo; ed ebbe sulle prime un'idea e una speranza.
Nella parte media della facciata dell'edificio, verso la via del Muro Dritto, tutte le finestre dei diversi piani erano munite di vecchi tubi di piombo per lo scarico dell'acqua e diversi rami di quei condotti, che facevano capo ad un tubo centrale, disegnavan sulla facciata una specie d'albero: quelle ramificazioni di tubi, coi loro cento gomiti, imitavano vecchi ceppi di viti spoglie, che si contorcono sulle facciate delle antiche fattorie.
Quel bizzarro pergolato dai rami di latta e di ferro fu il primo oggetto che colpė lo sguardo di Jean Valjean.
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