Il vento faceva sfregare contro la cresta del muro alcune foglie, secche, con un lieve rumore, dolce e triste.
VII • CONTINUAZIONE DELL'ENIGMAS'era levata la brezza notturna; ciò indicava che dovevan essere dalle due alle tre del mattino. La povera Cosette non diceva nulla; e siccome ella gli si era seduta a fianco, per terra ed aveva chinato il capo su di lui, Jean Valjean pensò che si fosse addormentata. Si chinò e la guardò: Cosette aveva gli occhi spalancati e un'aria pensosa che fece male a Valjean, e tremava sempre.
«Hai voglia di dormire?» disse Valjean.
«Ho tanto freddo,» rispose lei.
Un momento dopo, riprese:
«È sempre lì?»
«Chi?» chiese Valjean.
«La signora Thénardier.»
Valjean aveva già dimenticato il mezzo di cui s'era servito per far stare zitta Cosette.
«Ah!» disse. «Se n'è andata; non aver più paura.»
La bimba sospirò, come se le avessero tolto un peso dal petto.
La terra era umida, il ripostiglio aperto da ogni parte e la brezza sempre più fredda; il buon vecchio si levò la finanziera e l'avviluppò intorno a Cosette.
«Hai meno freddo, così?» chiese.
«Oh sì, papà!»
«Ebbene, aspettami un momento; torno subito.»
Uscì dalla rovina e si mise a costeggiare l'edificio principale, cercando qualche riparo migliore. Incontrò alcune porte, ma eran chiuse; ed a tutte le finestre del pianterreno v'erano le inferriate. Subito dopo aver sorpassato l'angolo interno dell'edificio, notò alcune finestre ad arco e vi scorse una debole luce; s'alzò allora in punta di piedi e guardò attraverso una di quelle finestre, che davan tutte in una sala piuttosto grande, pavimentata con grossi blocchi di pietra, inframmezzata d'archi e di pilastri, nella quale si distingueva solo una luce fioca e grandi ombre.
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