La prima cosa che i gufi non desiderano, è che venga loro portata una candela. E prima di tutto, come se la sarebbe cavata a proposito dei millecinquecento franchi da lui ricevuti? Perciò troncò ogni discorso, ordinò alla moglie di star cheta e fece lo stupido, quando gli parlaron della bimba rubata. Non ci capiva nulla, egli: certo, in un primo momento, s'era lamentato che gli «avessero rapita» così presto quella cara piccina; avrebbe voluto, per tenerezza, tenerla presso di sé ancora due o tre giorni; ma si trattava del «nonno», ch'era venuto a prenderla nel modo più semplice del mondo. Aveva aggiunto alla faccenda un nonno, che faceva bell'effetto; e Javert, giungendo a Montfermeil, cadde in quella storiella; il nonno faceva svanire Jean Valjean. Pure, Javert immerse alcune domande, a mo' di sonda, nella storia di Thénardier. «Chi era quel nonno, e come si chiamava?».
Thénardier rispose con semplicità: «È un ricco agricoltore. Ho visto il suo passaporto; credo che si chiami Guglielmo Lambert».
Lambert è un nome onesto, assai rassicurante; e Javert tornò a Parigi.
«Jean Valjean è veramente morto,» disse fra sé, «ed io sono un balordo.»
Stava già per ridimenticare tutta quella storia, quando, durante il mese di marzo del 1824, sentì parlare d'un bizzarro personaggio che dimorava nella giurisdizione della parrocchia di San Medardo e che veniva soprannominato «il mendicante che fa l'elemosina». Quel personaggio, si diceva, era un benestante del quale nessuno sapeva il nome vero e che viveva solo con una bimba di otto anni, che non si sapeva nulla neppur di lei, eccetto che proveniva da Montfermeil.
| |
Javert Montfermeil Jean Valjean Javert Thénardier Guglielmo Lambert Javert Parigi Valjean San Medardo Montfermeil
|