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      Non v'era nulla che più rassomigliasse, mezzo secolo fa, ad un portone qualunque, quanto il portone del numero 62 del vicolo Picpus. Quel portone, abitualmente socchiuso nel modo più invitante, lasciava scorgere due cose che non hanno nulla di molto funebre, vale a dire un cortile, circondato da muri letteralmente tappezzati di viti, e la faccia d'un portiere in ozio; al disopra del muro, in fondo, si scorgevano alcuni grandi alberi. Quando un raggio di sole rallegrava il cortile, quando un bicchier di vino rallegrava il portiere, era difficile passare davanti al numero 62 del vicolo Picpus senza riportarne un'impressione ridente; eppure, s'era intravisto un luogo tetro. Se la soglia sorrideva, la casa pregava e piangeva.
      Se, cosa non molto facile, anzi per quasi tutti perfino impossibile, poiché v'era un Sesamo, apriti! che bisognava sapere, si riusciva a superare il portiere; se, lasciato indietro il portiere, si entrava a destra in un piccolo vestibolo dal quale si accedeva ad una scala limitata da due muri e così stretta che poteva passarvi solo una persona alla volta; se non ci si lasciava sgomentare dalla tinta giallo canarino collo zoccolo cioccolatto, che ricopriva i muri della scala e se ci si arrischiava a salire, si sorpassava un primo pianerottolo e poi un secondo, giungendo così al primo piano, in un corridoio dove il colore giallo e il plinto cioccolatto vi seguivano con un sereno accanimento. La scala e il corridoio erano illuminati da due belle finestre, poi il corridoio piegava ad angolo retto e diventava scuro; se si doppiava quel capo, si giungeva dopo qualche passo davanti ad una porta, tanto più misteriosa in quanto non era chiusa.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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