La si spingeva e ci si trovava in una cameretta di circa sei piedi quadrati, ammattonata, lavata, linda e fredda, tappezzata di carta gialla a fiorellini verdi, da quindici soldi al rotolo: una scialba luce biancastra pioveva da un finestrone a piccoli vetri quadrati, che a sinistra occupava tutta la larghezza della stanza. Se si guardava, non si vedeva nessuno; se si stava in ascolto, non si sentiva né un passo né un mormorìo umano. I muri eran nudi e la camera non aveva mobili; nemmeno una sedia. Se si tornava a guardare, si scorgeva nel muro in faccia alla porta una apertura quadrangolare di circa un piede quadrato, munita d'una inferriata a sbarre incrociate, nere, nodose e solide, che formavano tanti quadratini, direi quasi delle maglie, di meno d'un pollice e mezzo di diagonale. I fiorellini verdi della tappezzeria gialla giungevano con calma e in ordine fino a quell'inferriata, senza che quel funebre contatto li sgomentasse e li facesse turbinare nell'aria. Pur supponendo che un essere vivente fosse stato così meravigliosamente magro da poter tentare d'entrare ed uscire da quell'apertura, quell'inferriata gliel'avrebbe impedito; ma, se non lasciava passare il corpo, lasciava passare lo sguardo, ossia lo spirito, e pareva che a ciò si fosse pensato, poiché l'apertura era stata rinforzata da una lastra di latta, incastrata nel muro, un po' all'indietro, e forata da mille buchi più microscopici dei buchi d'una schiumarola. Nella parte inferiore di quella lastra era stata praticata un'apertura, simile a quella d'una buca per le lettere e un cordone di refe, attaccato al congegno d'un campanello, pendeva a destra del foro ingraticciato.
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