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      La cosa durò parecchi mesi, in capo ai quali le collegiali erano tutte, più o meno, innamorate del musicista ignoto; ciascuna sognava d'essere Zetulbè. Il suono del flauto veniva dalla parte della via del Muro Dritto, e le collegiali avrebbero dato ogni cosa, avrebbero tutto compromesso e tutto tentato per vedere, fosse solo per un secondo, o per intravedere o per scorgere il «giovane» che suonava così deliziosamente quel flauto e che, senza saperlo, faceva nello stesso tempo vibrare tutte quelle anime. Ve ne furon di quelle che scapparon fuori da una porta di servizio e salirono al terzo piano dalla parte della via del Muro Dritto, per tentar di vedere attraverso le finestre del muro divisorio: impossibile. Un'altra si spinse fino a passare il braccio sopra il capo, attraverso l'inferriata, per agitare il fazzoletto bianco. Due furono ancora più ardite; trovarono il modo di arrampicarsi fin sopra un tetto e d'arrischiarsi, riuscendo infine a vedere il «giovane». Era un vecchio gentiluomo emigrato, cieco e in miseria, che suonava il flauto nella sua soffitta, per ingannare la noia.
      VI • IL PICCOLO CONVENTONel recinto del Piccolo Picpus, v'erano tre edifici perfettamente distinti: il grande convento, abitato dalle suore, il collegio, in cui risiedevano le allieve e infine quello che veniva chiamato il piccolo convento. Era un corpo di fabbrica col giardino, in cui abitavano in comune ogni specie di suore dei vari ordini, residuo dei monasteri distrutti dalla rivoluzione; una riunione di tutte le sfumature nere, grigie e bianche, di tutte le comunità e di tutte le varietà possibili; insomma, quel che si potrebbe chiamare, se un simile accoppiamento di parole fosse concesso, una specie di convento arlecchino.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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