Pagina (666/1886)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Verso il 1820 o 1821 la signora di Genlis, che redigeva a quel tempo una piccola rassegna periodica, intitolata l'Intrepido, chiese d'entrare come pensionante nel convento del Piccolo Picpus; la raccomandava il duca d'Orléans. Chiasso nell'alveare: le madri vocali eran tutte tremanti, perché la signora di Genlis aveva scritto romanzi. Ma ella dichiarò d'esser la prima a detestarli e poi era ormai nella sua fase acuta di devozione; di modo che, coll'aiuto di Dio ed anche del principe, entrò. Se ne andò dopo sei od otto mesi col pretesto che il giardino non era ombreggiato. Le suore ne furono contentissime. Sebbene vecchissima, suonava ancora l'arpa, assai bene.
      Andandosene, lasciò l'impronta alla sua cella. La signora di Genlis era superstiziosa e latinista, due parole che danno di lei un profilo abbastanza buono; pochi anni or sono, si vedevano ancora, incollati nell'interno d'un armadietto, in cui richiudeva il denaro e i gioielli, questi cinque versi latini, scritti di suo pugno coll'inchiostro rosso su un foglio giallo e che, secondo lei, avevano la virtù di sgomentare i ladri:
     
      Imparibus meritis pendent tria corpora ramis:
      Dismas et Gesmas, media est divina potestas;
      Alta petit Dismas, infelix, infima, Gesmas.
      Nos et res nostras conservet summa potestas.
      Hos versus dicas, ne tu furto tua perdas.
     
      Questi versi, scritti nel latino del sedicesimo secolo, risollevano la questione di sapere se i due ladroni del Calvario si chiamavano, come si crede comunemente, Dimas e Gestas, oppure Dismas e Gesmas.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Genlis Intrepido Piccolo Picpus Orléans Genlis Dio Genlis Gesmas Dismas Gesmas Calvario Dimas Gestas Dismas Gesmas