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      Nel piccolo convento v'era una centenaria, proveniente dall'abbazia di Fontevrault. Prima della rivoluzione, ella aveva perfino appartenuto all'alta società: parlava molto del signor di Miromesnil, guardasigilli sotto Luigi XVI, e d'una presidentessa Duplat, che aveva molto conosciuta. Era per lei piacere e vanità citare quei due nomi in ogni occasione. Diceva meraviglie dell'abbazia di Fontevrault, grande come una città, con le sue strade.
      Parlava con un accento piccardo che divertiva le collegiali. Ogni anno, rinnovava solennemente i suoi voti e, nel momento di prestar giuramento, diceva al prete: «Monsignor san Francesco l'ha prestato a monsignor san Giuliano, monsignor san Giuliano l'ha prestato a monsignor santo Eusebio, monsignor santo Eusebio l'ha prestato a monsignor san Procopio, eccetera, eccetera; e così io lo presto a voi padre.» E le collegiali a ridere, non sotto i baffi, ma sotto il velo: graziose risatine soffocate, che facevan corrugare la fronte alle madri vocali.
      Un'altra volta, la centenaria raccontava qualche storiella. Diceva che nella sua gioventù i bernardini non la cedevano in nulla ai moschettieri; era un secolo che parlava, ma era il secolo decimottavo. Raccontava l'usanza dei quattro vini, praticata nella Sciampagna e nella Borgogna. Prima della rivoluzione, quando un gran personaggio, un maresciallo di Francia, un duca e pari o un principe attraversava una città di quelle regioni, la rappresentanza municipale si recava a fargli un discorso e gli presentava quattro ciotole d'argento in cui erano stati versati quattro vini diversi; sulla prima tazza si leggeva quest'iscrizione: vino di scimmia, sulla seconda: vino di leone, sulla terza: vino di montone e sulla quarta: vino di porco.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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