Quelle quattro leggende esprimevano i quattro gradi pei quali discende l'ubriaco: la prima ebbrezza, quella che rallegra; la seconda, quella che eccita; la terza quella che inebetisce e la quarta, finalmente, quella che abbrutisce.
Teneva sotto chiave, in un armadio, un misterioso oggetto al quale era molto affezionata: la regola di Fontevrault non glielo impediva. Ma non voleva mostrarlo a nessuno e, cosa che la regola le permetteva, si rinchiudeva a chiave e si nascondeva ogni qual volta voleva contemplarlo; se sentiva camminare nel corridoio, chiudeva l'armadio con tutta la sveltezza che le sue vecchie mani le consentivano. Non appena le si accennava a quella cosa, ella, che parlava cosė volentieri, taceva; e anche le pių curiose si fermarono, di fronte al suo silenzio, come le pių tenaci di fronte alla sua ostinazione. Anche questo era oggetto di commenti per chiunque in convento fosse disoccupato o annoiato. Che mai poteva essere quella cosa tanto preziosa e segreta, che formava il tesoro della centenaria? Certo, qualche libro santo, o forse qualche rosario unico nel suo genere o qualche reliquia verificata. Tutte si smarrivano in congetture; alla morte della povera vecchia, corsero al suo armadio, forse pių presto di quanto non fosse conveniente e l'apersero. Fu trovato l'oggetto, sotto un triplice pannolino, come una patena benedetta. Era un piatto di Faenza, e rappresentava alcuni amorini che scappano, inseguiti da garzoni farmacisti armati di enormi enteroclismi; l'inseguimento abbonda di smorfie e di situazioni comiche.
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Fontevrault Faenza
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