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      La lebbra monacale ha quasi roso fin all'osso due mirabili nazioni, l'Italia e la Spagna, la luce, l'una, lo splendore, l'altra, dell'Europa, per secoli e secoli, e, nell'epoca in cui siamo, codesti due illustri popoli cominciano a guarire solo in grazia della sana e vigorosa igiene del 1789.
      Il convento, e particolarmente l'antico convento di donne così come appare ancor oggi sulla soglia di questo secolo in Italia, in Austria e in Spagna, è una delle più tetre concrezioni del medio evo. Il chiostro, quel chiostro, è il punto d'intersezione dei terrori: il chiostro cattolico propriamente detto è tutto pieno della nera irradiazione della morte.
      Il convento spagnuolo, soprattutto, è funebre. Là s'ergono nell'oscurità, sotto le vòlte piene di caligine, sotto le cupole vaghe per l'ombra, massicci altari babelici, alti come cattedrali; là pendono da catene uscenti dalle tenebre immensi crocefissi bianchi; là sono esposti, nudi sull'ebano, grandi Cristi d'avorio, più che sanguinanti, sanguinolenti, orridi e magnifici, di cui i gomiti mostran l'ossa, le rotule mostrano i tegumenti, le ferite mostran le carni e che sono incoronati di spine d'argento, inchiodati con chiodi d'oro, colle gocce di sangue sulla fronte fatte di rubini e con lagrime di diamanti negli occhi. I diamanti e i rubini sembran bagnati e fanno piangere in basso, nell'ombra, esseri velati, che hanno i fianchi martoriati dal cilicio e dallo staffile dalle punte di ferro, i seni schiacciati da una pettorina di vimini e le ginocchia scorticate dalla preghiera; donne che si credono spose, spettri che si credono serafini.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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