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      L'ombra è difficile a prendere per la gola e ad atterrare.
      Un convento in Francia, nel pien meriggio del secolo decimonono, è un collegio di gufi che sfidan la luce; un chiostro, in flagrante delitto d'ascetismo nel bel mezzo della città del 1789, del 1830 e del 1848, Roma che sboccia in Parigi, è un anacronismo. In tempi ordinari, per dissolvere un anacronismo e farlo svanire, basta fargli sillabare il millesimo; ma noi non siamo in tempi ordinari.
      Combattiamo dunque. Combattiamo, ma distinguiamo; è proprio del vero non esser mai eccessivo. Che bisogno ha di esagerare? V'è quel che bisogna distruggere e v'è quel che bisogna semplicemente rischiarare e guardare. Quale forza, l'esame benevolo e ponderato! Non mettiamo la fiamma dove la luce basta.
      Dunque, dato il secolo decimonono, noi siamo contrari, in tesi generale e presso tutti i popoli, in Asia come in Europa, in India come in Turchia, alle clausure ascetiche. Chi dice convento dice palude. La loro putrescibilità è evidente, Il loro stagnare malsano, e la loro fermentazione dà la febbre ai popoli e li intisichisce; il loro moltiplicarsi diventa una piaga d'Egitto. Noi non possiamo pensare senza sgomento a quei paesi in cui i fachiri, i bonzi, i santoni, i calogeri, i marabutti, i monaci mendicanti e i dervisci pullulano fino al formicolìo verminoso.
      Detto questo, la questione religiosa sussiste. Questa questione ha certi lati misteriosi e quasi temibili; ci sia permesso di guardarla in faccia.
      IV • IL CONVENTO SOTTO IL PUNTO DI VISTA DEI PRINCIPII


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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