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«Una preghiera.»
«Ebbene, parlate.»
«Grazie, reverenda madre.»
Il buon vecchio Fauchelevent, ex notaio di provincia, apparteneva alla categoria dei contadini di faccia tosta. Una certa ignoranza abile è una forza: nessuno ne diffida e tutti ne sono presi. Da più di due anni, dacché abitava nel convento, Fauchelevent s'era imposto alla comunità. Sempre solitario, e sempre attendendo al suo giardinaggio, non aveva del resto altro da fare, fuorché curiosare. Distante com'era da tutte quelle donne velate che andavano e venivano, non vedeva davanti a sé altro che un agitarsi d'ombre; ma, a forza d'attenzione e di penetrazione, era riuscito a ridar corpo a tutti quei fantasmi, e quelle morte vivevano, per lui. Era come un sordo, la vista del quale s'allunghi, e come un cieco, al quale s'aguzzi l'udito. S'era messo a cercar di spiegarsi il senso delle diverse scampanate e v'era riuscito; di modo che quel chiostro enigmatico e taciturno non aveva nulla di nascosto per lui. Quella sfinge gli ciarlava di tutti i suoi segreti all'orecchio. Fauchelevent, sapendo tutto, nascondeva tutto e in ciò stava la sua arte. Tutto il convento lo credeva stupido, merito grande, in religione; e le madri vocali facevano gran conto di Fauchelevent, di quel curioso muto, che ispirava la fiducia. Inoltre, era regolato nelle abitudini e non usciva che per le dimostrate necessità dell'orto e del frutteto. Di questa discrezione gli veniva tenuto calcolo; ma non per questo aveva fatto a meno di far cianciare due uomini: in convento, il portiere, dal quale sapeva la particolarità del parlatorio, e, al cimitero, il becchino, dal quale sapeva le singolarità della sepoltura.
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