Il pedaggio a Cesare non è mai altro che il resto del pedaggio a Dio: e un principe non è nulla, accanto a un principio.
Fauchelevent zoppicava dietro il carro, contentissimo. I suoi due misteri, i due complotti gemelli, uno colle suore e l'altro con Madeleine, l'uno per il convento e l'altro contro, erano riusciti entrambi. La calma di Jean Valjean era una di quelle tranquillità possenti che si comunicano e Fauchelevent non dubitava del successo. Quel che gli rimaneva da fare non era nulla; da due anni a quella parte, egli aveva fatto ubriacare una diecina di volte l'affossatore, il bravo papà Mestienne, un buon vecchio paffuto. Egli si divertiva, con papà Mestienne, e ne faceva quel che voleva: gli imponeva la sua volontà, e il suo capriccio e, per così dire, la testa di Mestienne s'adattava a pennello al berretto di Fauchelevent. La sicurezza di questi era completa.
Nel momento in cui il convoglio entrò nel viale che conduceva al cimitero, Fauchelevent, felice, guardò il carro funebre e si fregò le manacce, dicendo a bassa voce:
«Che farsa!»
All'improvviso il carro si fermò: era giunto al cancello e bisognava esibire il permesso d'inumazione. L'uomo delle pompe funebri ebbe un colloquio col custode del cimitero e, durante quel colloquio, che produce sempre una sosta d'un minuto o due, qualcuno, uno sconosciuto, venne a collocarsi dietro il carro, a fianco di Fauchelevent; era una specie di operaio, che indossava una giubba dalle ampie tasche e portava una vanga sotto il braccio.
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