Fauchelevent guardò quello sconosciuto.
«Chi siete?» gli chiese.
L'uomo rispose:
«L'affossatore.»
Se si potesse sopravvivere ad una cannonata in piano petto, si farebbe il viso che fece Fauchelevent.
«L'affossatore?»
«Sì.»
«Voi?»
«Io.»
«Ma l'affossatore è papà Mestienne.»
«Lo era.»
«Come, lo era?»
«È morto.»
Fauchelevent si sarebbe aspettato tutto, all'infuori del fatto che un affossatore potesse morire. Eppure è così: anche gli affossatori muoiono. A furia di scavare la fossa agli altri, aprono la propria.
Fauchelevent rimase a bocca aperta; a stento ebbe la forza di balbettare:
«Ma non è possibile!»
«Lo è.»
«Ma,» riprese egli debolmente, «l'affossatore è papà Mestienne.»
«Dopo Napoleone, Luigi XVIII; dopo Mestienne, Gribier. Io mi chiamo Gribier, contadino.»
Fauchelevent, pallidissimo, osservò quel Gribier. Era un uomo lungo, magro e livido, assolutamente funebre; aveva l'aria d'un medico mancato, che si fosse fatto affossatore.
Fauchelevent scoppiò in una risata.
«Ah! Che cose strambe capitano! Papà Mestienne è morto! Ma se il buon papà Mestienne è morto, il buon papà Lenoir è vivo! Sapete chi è il buon papà Lenoir? È il boccaletto di vin rosso da sei soldi, il boccaletto di Suresne, perdindirindina! Vero Suresne di Parigi! Ah, è morto, papà Mestienne? Mi spiace, perché era un buon compagno; ma anche voi siete un buon compagno, nevvero? Dobbiamo andare subito a berne un gocciolo insieme.»
L'uomo rispose: «Ho studiato: ho fatto la quarta. Non bevo mai.»
Il carro s'era rimesso in cammino e percorreva il viale principale del cimitero.
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