«Pago io!»
L'affossatore lo guardò, stupito, e rispose:
«Che cosa, contadino?»
Fauchelevent ripeté:
«Pago io!»
«Che cosa?»
«Il vino.»
«Che vino?»
«L'Argenteuil.»
«Che Argenteuil?»
«Quello della Buona Cotogna.»
«Va' al diavolo!» disse l'affossatore. E gettò una palata di terra.
La bara risonò come se fosse vuota. Fauchelevent si sentì mancare, e gli parve di star per cadere egli pure nella fossa; e gridò, con una voce alla quale incominciava a unirsi il soffocamento di un rantolo:
«Camerata! Prima che la Buana Cotogna sia chiusa!»
L'affossatore raccolse nuova terra col badile; Fauchelevent continuò:
«Pago io!»
Ed afferrò il braccio dell'affossatore.
«Statemi a sentire, camerata. Io sono l'affossatore del convento e vengo qui per aiutarvi: è un lavoro che si può fare di notte. Incominciamo dunque coll'andare a berne un gocciolo.»
E mentre parlava, mentre s'aggrappava a quella disperata insistenza, andava facendo questa lugubre riflessione: «E quand'anche bevesse, si ubriacherebbe?»
«Provinciale,» disse l'affossatore, «se lo volete assolutamente, acconsento. Berremo: dopo il lavoro, però, mai prima.»
E fece per lanciare la palata; ma Fauchelevent lo trattenne.
«È Argenteuil da sei soldi al litro!»
«Suvvìa,» disse l'affossatore, «mi sembrate un campanaro: din, don, din, don. Non sapete far altro. Andate a farvi benedire».
E lanciò una seconda palata.
Fauchelevent era giunto a quel punto in cui non si sa più che cosa dire.
«Ma venite a bere, dunque,» gridò, «dal momento che pago io!»
«Quando avremo messo a letto il bimbo,» disse l'affossatore, e gettò una terza palata.
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