«Datemi la vanga e aspettatemi due minuti.»
«Entrate.»
Fauchelevent entṛ al numero 87, saĺ fino in cima, guidato da quell'istinto che conduce sempre il povero in solaio e batté nell'ombra alla porta d'un abbaino. Una voce rispose: «Entrate.» Era la voce di Gribier.
Fauchelevent spinse l'uscio. La dimora dell'affossatore era, come tutte quelle infelici dimore, una stamberga quasi priva di mobili e ingombra di roba; una cassa d'imballaggio, o forse una bara vi faceva le veci di cassettone, un vaso di terra sostituiva il secchio e un pagliericcio serviva da letto, mentre il pavimento fungeva da sedie e da tavolo. V'era in un angolo, sopra un cencio ch'era un vecchio sbrendolo di tappeto, una donna magra e parecchi bimbi, che formavano un mucchio. Tutto quel povero interno recava le tracce d'uno sconvolgimento; si sarebbe detto che colà fosse avvenuto un terremoto «per uno». I coperchi eran fuor di posto, gli stracci eran sparpagliati, la brocca era rotta, la madre aveva pianto e i bambini, probabilmente, erano stati picchiati; tracce, codeste, d'una perquisizione accanita e bisbetica. Era visibile che l'affossatore aveva perdutamente cercato la tessera e fatto responsabile della sua perdita tutto quel che v'era nella stamberga, dalla brocca alla moglie. Egli aveva l'aspetto disperato; ma Fauchelevent aveva troppa fretta di giungere alla conclusione dell'avventura, per notare quel triste lato del suo successo. Egli entṛ e disse:
«Vi riporto la vostra vanga e il vostro badile.»
Gribier lo guarḍ, stupefatto.
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Gribier Fauchelevent
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