» Aveva portato nella adolescenza una vestaglia di Nain-Londrin, della quale parlava volentieri e con effusione. «Ero vestito come un turco del Levante levantino,» diceva. La signora di Boufflers, avendolo visto per caso, quando aveva vent'anni, l'aveva qualificato «un graziosissimo pazzo». Si scandalizzava di tutti i nomi che vedeva nella politica e al potere, perché li trovava volgari e borghesi; leggeva i giornali, i notiziari, le gazzette, com'egli li chiamava, soffocando scoppi di risa. «Oh!» diceva, «Che gente è questa? Corbière! Humann! Casimiro Périer! E questa roba è al ministero. Mi immagino di vedere in un giornale: 'Signor Gillenormand, ministro!' Sarebbe da ridere. Ebbene: sono tanto sciocchi, che la cosa sarebbe possibile.» Chiamava allegramente ogni cosa per nome, fosse proprio o malproprio, e non era per nulla imbarazzato in presenza delle donne; diceva volgarità e oscenità e porcherie con un non so che di tranquillo e di poco stupito ch'era elegante. Era l'uomo senza peli sulla lingua, del suo secolo. È da notarsi che il tempo delle perifrasi in versi è stato quello delle crudezze in prosa. Il suo padrino aveva predetto che sarebbe stato uomo di talento e gli aveva dato codesti due nomi significativi: Luca Spirito.
IV • ASPIRANTE CENTENARIONell'infanzia, aveva riportato alcuni premi nel collegio di Moulin, suo paese natale, ed era stato incoronato di mano del duca del Nivernais, che egli chiamava il duca di Nevers. Né la Convenzione, né la morte di Luigi XVI, né Napoleone, né il ritorno dei Borboni, nulla, insomma, aveva potuto cancellare il ricordo di quella incoronazione; il duca di Nevers era per lui la grande figura del secolo.
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