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      Anche la maggiore aveva la sua chimera e vedeva nell'azzurro un fornitore, qualche grosso fabbricante di munizioni, ricco sfondato, un marito splendidamente stupido, un milione fatto uomo; oppure, un prefetto. Sognava i ricevimenti della prefettura, un portiere di anticamera colla catenella al collo, i balli ufficiali, i discorsi del municipio, esser chiamata «la signora prefettessa»; e tutto ciò le turbinava nell'immaginazione. Le due sorelle si smarrivano così, ciascuna nel proprio sogno, quando erano giovanette; entrambe avevan le ali, l'una da angelo, l'altra da oca.
      Non v'è ambizione che si realizzi completamente, almeno quaggiù; non v'è paradiso che divenga terestre, nell'epoca in cui siamo. La minore aveva sposato l'uomo dei suoi sogni, ma era morta; la maggiore non s'era sposata.
      Nel momento in cui ella fa il suo ingresso nella storia che raccontiamo, era una vecchia virtù, una schifiltosa incombustibile, uno dei nasi più acuti e una delle menti più ottuse. Particolare caratteristico: all'infuori dei parenti più stretti, nessuno aveva mai saputo il suo nome di battesimo e tutti la chiamavano la signorina Gillenormand maggiore.
      In materia di affettazione di puritanismo, la signorina Gillenormand maggiore avrebbe dato dei punti ad una miss. Era il pudore spinto al nero: aveva nella sua vita un ricordo spaventoso, quello di un giorno in cui un uomo le aveva visto una giarrettiera.
      L'età non aveva fatto che accrescere quello spietato pudore. Il davanti della sua camicetta non era mai abbastanza spesso, né abbastanza alto, ed ella andava moltiplicando i fermagli e gli spilli là dove nessuno pensava di guardare; poiché il lato caratteristico della schifiltà è per l'appunto quello di mettere tanto più sentinelle, quanto meno la fortezza è minacciata.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Gillenormand Gillenormand