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      Tuttavia (spieghi chi lo può questi vecchi misteri d'innocenza) ella si lasciava abbracciare senza dispiacere da un ufficiale dei lancieri suo pronipote, di nome Teodulo. Ma, a dispetto di quel lanciere pronipote, l'etichetta Schifiltosa, sotto la quale l'abbiamo classificata, le conveniva moltissimo. La signorina Gillenormand era una specie d'anima crepuscolare; e la schifiltà è mezza virtù e mezzo vizio.
      Ella aggiungeva alla schifiltà la bigotteria, unione ben assortita; era della confraternita della Vergine, portava un velo bianco in certe feste, borbottava speciali orazioni, riveriva «il santo sangue,» venerava «il sacro cuore,» restava ore intere in contemplazione davanti a un altare rococò gesuitico, in una cappella chiusa alla maggioranza dei fedeli, e lasciava spaziare la sua anima, fra nuvolette di marmo e attraverso i grandi raggi di legno dorato.
      Aveva un'amica di cappella, vecchia vergine come lei, che si chiamava la signorina Vaubois, completamente rimbambita, e vicino alla quale la signorina Gillenormand aveva il piacere d'essere un'aquila. All'infuori degli agnus dei e delle ave maria, la signorina Vaubois non aveva altre cognizioni, oltre ai diversi modi di fare le marmellate; la signorina Vaubois, perfetta nel suo genere, era l'ermellino della stupidaggine, senza una macchia d'intelligenza.
      Invecchiando, diciamolo, la signorina Gillenormand aveva più guadagnato che perduto, che è la sorte delle nature passive. Non era mai stata cattiva, la qual cosa è una bontà relativa; eppoi, gli anni logorano gli spigoli e in lei ogni durezza era smussata.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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